La città di Birmingham nelle Midlands occidentali, il cuore
dell'Inghilterra, il luogo in cui è iniziata la Rivoluzione industriale,
la seconda città più popolosa del Regno Unito e l'ottava d'Europa, oggi
è la città più pericolosa della Gran Bretagna. Con una popolazione
musulmana in forte crescita, cinque delle sue circoscrizioni elettorali
presentano il più elevato livello di radicalizzazione e terrorismo del
paese.
Nel febbraio scorso, la giornalista francese Rachida Samouri ha pubblicato un articolo nel quotidiano parigino Le Figaro
in cui ha raccontato le sue esperienze durante una visita nella città
inglese. Nell'articolo titolato "Birmingham à l'heure islamiste", la
giornalista descrive la sua preoccupazione per la crescente separazione
tra i valori normativi britannici e quelli di molte enclave islamiche.
La Samouri menziona il quartiere di Small Heath, dove quasi il 95 per
cento della popolazione è musulmano, le bambine indossano il velo, la
maggior parte degli uomini ha la barba e le donne portano lo jilbab e il
niqab per coprire corpi e volti. I banchi al mercato chiudono durante
le ore di preghiera; i negozi espongono in vetrina capi di abbigliamento
islamico e le librerie sono tutte religiose. Le donne da lei
intervistate dichiarano che la Francia è una dittatura basata sul
laicismo (laïcité), che a loro dire è "un pretesto per attaccare i
musulmani". Dicono anche di approvare il Regno Unito perché permette
loro di indossare il velo integrale.
Un'altra giovane donna, Yasmina, spiega che, sebbene lei possa
frequentare i locali notturni, di giorno però è costretta a indossare il
velo e l'abaya [la lunga tunica nera]. E poi parla degli estremisti:
"In Inghilterra, sono liberi di esprimersi. Non parlano
che di divieti, impongono la loro visione rigida dell'Islam, ma d'altra
parte non ascoltano nessuno, soprattutto quelli che non sono d'accordo
con loro".
Riferendosi alle scuole statali, la Samouri tratteggia "una
islamizzazione dell'istruzione che è impensabile nella nostra repubblica
[francese] laica". Poi, intervista Ali, un 18enne di origine francese,
il cui padre si è radicalizzato. Il giovane racconta così la sua
esperienza di educazione islamica:
"In questa città, ci sono molte scuole private musulmane e madrasse.
Fanno tutte finta di predicare la tolleranza, l'amore e la pace, ma non
è vero. Dietro le loro mura ci costringono a ripetere i versetti del
Corano, a proposito di odio e intolleranza".
Ali parla della ferrea disciplina che gli è stata imposta, dei
maltrattamenti subiti, delle punizioni che gli sono state inflitte per
essersi rifiutato di imparare a memoria il Corano senza comprendere una
parola o per aver ammesso di avere una ragazza.
La Samouri osserva che per i giovani predicatori musulmani "la legge
della Sharia rimane la sola salvezza dell'anima e l'unico codice di
leggi al quale dobbiamo fare riferimento". La giornalista intervista
alcuni membri di un "tribunale" della Sharia prima di parlare con Gina
Khan, una ex musulmana che fa parte dell'organizzazione anti-Sharia One
Law for All. Secondo la giornalista, Gina Khan – una femminista laica –
considera i tribunali "un pretesto per tenere le donne sotto pressione e
un mezzo per i fondamentalisti religiosi grazie al quale estendere la
loro influenza nella comunità".
Mobin, un altro adolescente di origine francese spiega come suo padre
preferisca Birmingham alla Francia perché "si può indossare il velo
senza problemi e si possono trovare scuole dove le classi non sono
miste". Secondo il giovane, "Birmingham è un po' come un paese
musulmano. Siamo tra noi, non ci mescoliamo agli altri. È difficile".
La stessa Samouri rileva come sia inquietante questo contrasto tra la Francia e l'Inghilterra musulmana. E lo sintetizza così:
"Uno stato dentro lo stato o piuttosto un'islamizzazione
rampante di una parte della società, qualcosa che la Francia è riuscita
ad evitare per ora, anche se il suo modello di laicità comincia a essere
messo alla prova".
Un altro commentatore francese, ripubblicando l'articolo della Samouri, scrive: "Birmingham è peggio di Molenbeek" – il quartiere di Bruxelles che secondo The Guardian "sta diventando noto come l'epicentro del jihadismo in Europa".
Il paragone con Molenbeek può sembrare un po' esagerato. Ciò che è
incomprensibile è che i giornalisti francesi si concentrino su una città
britannica quando, in realtà, la situazione in Francia – nonostante il
suo laicismo – è in qualche modo molto più grave che nel Regno Unito.
Articoli recenti hanno rilevato il crescente amore per l'Islam della Francia e la sempre maggiore debolezza
di quest'ultima di fronte alla criminalità islamista. Questa debolezza è
incorniciata da un desiderio politicamente corretto di insistere su una
politica multiculturalista, a costo di fidarsi degli estremisti
musulmani e delle organizzazioni fondamentaliste. Il risultato? Gli
attentati jihadisti in Francia sono stati tra i peggiori della storia.
Si calcola che il paese ha circa 751 no-go zones ("zones urbaines sensibles"),
luoghi in cui la violenza estrema scoppia di tanto in tanto e dove la
polizia, i vigili del fuoco e altre forze dell'ordine non osano
addentrarsi per paura di provocare ulteriore violenza.
Molte autorità nazionali e gran parte dei media negano l'esistenza di queste enclave, ma come di recente ha spiegato l'esperto norvegese Fjordman:
Se dite che esistono alcune zone in cui anche la polizia
ha paura di addentrarsi, dove le normali leggi laiche del paese si
applicano con difficoltà, allora è indiscutibile che zone di questo tipo
esistono ora in diversi paesi dell'Europa occidentale. La Francia è uno
dei più colpiti: ha un'alta concentrazione di immigrati arabi e
africani, tra cui milioni di musulmani.
Nel Regno Unito, non esistono zone del genere, certamente non a
questo livello. In molte città, ci sono enclave musulmane in cui un non
musulmano può non essere il benvenuto; luoghi che assomigliano al
Pakistan o al Bangladesh più che all'Inghilterra. Ma nessuno di questi
posti è una no-go zone nel senso francese, tedesco o svedese – luoghi in
cui la polizia, le ambulanze e i vigili del fuoco vengono aggrediti se
entrano e in cui l'unico modo di accedervi (per spegnere un incendio, ad
esempio) è sotto scorta armata.
La Samouri apre l'articolo scrivendo:
"Nei quartieri popolari della seconda città
dell'Inghilterra, lo stile di vita settario degli islamisti tende a
imporsi e minaccia di far saltare una società vittima della sua utopia
multiculturalista".
Ha visto qualcosa che è sfuggito ai giornalisti britannici?
Il paragone con Molenbeek può non sembrare del tutto esagerato. In un report di un migliaio di pagine
dal titolo "Terrorismo islamista: Analisi dei reati e degli attacchi
nel Regno Unito (1998-2015)", realizzato dalla stimata analista Hannah
Stuart per la Henry Jackson Society, Birmingham è citata più di una
volta come la principale fonte di terrorismo della Gran Bretagna.[1]
Una conclusione che emerge dal rapporto è che le condanne per
terrorismo sono raddoppiate negli ultimi cinque anni. Peggio ancora, il
numero degli autori di reati che non erano già noti alle autorità è
aumentato considerevolmente. Il coinvolgimento delle donne nel
terrorismo, sebbene in misura minore rispetto agli uomini, "è triplicato
nello stesso periodo". In modo allarmante, "proporzionalmente, i reati
implicanti atti violenti come decapitazioni o accoltellamenti
(pianificati o meno) sono aumentati di undici volte passando dal 4 per
cento al 44 per cento" (p.xi).
Soltanto il 10 per cento degli attacchi è stato commesso da "lupi
solitari", quasi l'80 per cento era affiliato, ispirato o collegato a
reti dell'estremismo – con il 25 per cento legato ad al-Muhajiroun. Come
sottolineato nel report, questa organizzazione (che ha assunto nomi
diversi) un tempo era difesa da alcuni funzionari di Whitehall – una
chiara indicazione questa dell'ingenuità del governo.
Omar
Bakri Muhammed, che ha fondato insieme ad Anjem Choudary
l'organizzazione islamista britannica Al-Muhajiroun, nel 2013 ha ammesso
in un'intervista televisiva che lui e Choudary hanno inviato jihadisti
occidentali a combattere in molti paesi diversi. (Fonte dell'immagine:
MEMRI video screenshot)
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Una conclusione più importante è che esiste un chiaro nesso fra zone
musulmane inaccessibili e terrorismo. Come sottolinea un articolo del Times sull'analisi della Henry Jackson Society, questo legame "è stato precedentemente negato da molti". Da un lato:
Quasi la metà di tutti i musulmani vive in quartieri dove
i musulmani sono meno di un quinto della popolazione. Tuttavia, un
numero sproporzionatamente basso di terroristi islamisti – il 38 per
cento – proviene da tali quartieri. Nella città di Leicester, che ha una
considerevole popolazione musulmana ben integrata, sono cresciuti
soltanto due terroristi negli ultimi 19 anni.
Ma dall'altro lato:
Solo il 14 per cento dei musulmani britannici vive in
quartieri dove i musulmani sono più del 60 per cento dei residenti.
Tuttavia, il report rileva che il 24 per cento di tutti i terroristi
islamisti proviene da tali quartieri. Birmingham, città con un'alta
proporzione di musulmani che vivono isolati, è forse un esempio chiave
del fenomeno.
Il rapporto continua asserendo:
In solo cinque – e tutte a Birmingham – delle 9.500
circoscrizioni del paese si contano 26 persone condannate per
terrorismo, un decimo del totale nazionale. Queste circoscrizioni -
Springfield, Sparkbrook, Hodge Hill, Washwood Heath e Bordesley Gree –
annoverano zone piuttosto ampie dove la stragrande maggioranza della
popolazione è musulmana.
A Birmingham, con 234mila musulmani residenti nelle sue 40
circoscrizioni, sono 39 le persone finora condannate per terrorismo.
Questa cifra supera quella del totale degli arrestati per lo stesso
reato nel West Yorkshire, Greater Manchester e Lancashire dove vivono
circa 650mila musulmani, che sono quasi tre volte gli islamici residenti
a Birmingham. Ci sono sacche di elevata segregazione nel nord
dell'Inghilterra, ma sono molto più piccole di quelle di Birmingham.
Il maggior numero di persone condannate per terrorismo, 117, proviene
da Londra, ma questa cifra è approssimativamente proporzionata al
milione o poco più di musulmani residenti nella capitale.
L'autrice dello studio, Hannah Stuart, ha osservato
che il suo lavoro ha sollevato "difficili interrogativi su come
l'estremismo metta radici nelle comunità svantaggiate, molte delle quali
hanno elevati livelli di segregazione. È necessario fare molto di più
per sfidare l'estremismo e promuovere il pluralismo e l'integrazione in
loco".
Molti osservatori dicono che Birmingham non ha superato questo test:
"È una situazione davvero strana", ha dichiarato Matt
Bennett, consigliere dell'opposizione al Comune: "Si può avere questa
comunità chiusa che è tagliata fuori dal resto della città in molti
modi. La leadership del Comune non desidera in particolar modo
interagire direttamente con le persone di origine asiatica – quello che
le piace fare è conversare con qualcuno al quale poter 'offrire' il
proprio sostegno".
Chiaramente, non stupisce affatto che la mancanza di integrazione sia
la radice di un problema crescente. Questo è il tema centrale
dell'importante rapporto che Madame Louise Casey ha presentato nel
dicembre scorso al governo britannico. Commissionato dall'ex-premier
David Cameron, "The Casey Review: A review into opportunity and integration"
identifica alcune comunità musulmane (essenzialmente quelle costituite
da immigrati pakistani e bengalesi e i loro figli) come le più
resistenti all'integrazione in seno alla società britannica. Queste
comunità fanno poco o nulla per incoraggiare i bambini a partecipare ad
eventi, attività o momenti di formazione-non musulmani; molte delle loro
donne non parlano una parola d'inglese e non svolgono alcun ruolo
nell'ambito della società più ampia; e sono in parecchi a dire di
preferire la legge islamica della Sharia alla legge britannica.
La Casey fa esplicitamente riferimento al famigerato piano del
"Cavallo di Troia" scoperto nel 2014, un complotto di estremisti
islamici per introdurre le dottrine e le pratiche salafite
fondamentaliste in una serie di scuole di Birmingham – non solo scuole
private di fede islamica, ma anche ordinarie scuole pubbliche (pp. 114
ff.): "volevano assumere il controllo di un certo numero di scuole di
Birmingham per dirigerle conformemente ai rigorosi principi
islamici...".
È importante rilevare che non si trattava di scuole "islamiche" o
"confessionali". [L'ex-capo dell'antiterrorismo britannico] Peter
Clarke, nel suo rapporto del luglio 2014 affermava:
"Ho potuto constatare che le scuole dove si ritiene siano accaduti questi fatti sono scuole pubbliche non confessionali...".
Clarke ha rilevato una serie di comportamenti inappropriati nelle
scuole, come atti di bullismo, intimidazioni, modifiche dei programmi
scolastici, proselitismo improprio in scuole non confessionali,
disparità di trattamento e separazione. Ecco alcuni esempi specifici:
- una discussione sui social media tra insegnanti è stata definita
la "Park View Brotherhood", in cui le idee omofobiche, estremiste e
settarie contenute erano diffuse alla Park View Academy e in altre
scuole;
- gli insegnanti lanciavano messaggi anti-occidentali nelle assemblee
dicendo che i bianchi non avrebbero mai avuto a cuore gli interessi dei
bambini musulmani;
- l'introduzione delle preghiere del venerdì nelle scuole pubbliche
non confessionali e le pressioni esercitate sul personale e gli studenti
affinché vi partecipassero. In una scuola, è stato installato un
sistema di diffusione sonora per chiamare gli allievi alla preghiera, e
attraverso il quale un membro del personale rimproverava gli studenti
che si trovavano nel cortile e non partecipavano alla preghiera e
metteva in imbarazzo alcune ragazze per l'attenzione che veniva loro
rivolta perché alle giovani con il ciclo mestruale non è consentito di
partecipare alla preghiera; e
- il personale di grado superiore che chiamava gli studenti e lo staff che non partecipavano alle preghiere "k****r". (Kuffar, il plurale di kafir,
è un termine offensivo che sta per "miscredenti". Questo affronto
riproduce la tecnica salafita di stigmatizzare i musulmani moderati o
riformisti come non musulmani che possono essere uccisi perché
apostati.)
La Casey poi cita la conclusione di Clarke:
"Ci sono state azioni coordinate, deliberate e continue,
condotte da un certo numero di individui per introdurre un'etica
islamica intollerante e aggressiva in alcune scuole di Birmingham. Tale
obiettivo è stato conseguito in un certo numero di scuole acquisendo
influenza sugli organi direttivi, nominando dirigenti scolastici o
funzionari solidali, piazzando persone che condividessero le loro idee
in posizioni chiave, e cercando di rimuovere i dirigenti scolastici che
non erano compiacenti abbastanza".
Secondo la Casey, la situazione, anche se migliorata dal 2014, rimane
instabile. E in una lettera inviata al ministro dell'Istruzione, la
funzionaria governativa cita sir Michael Wilshaw, il capo dell'Ofsted,
il servizio nazionale inglese di ispezione scolastica, che ha dichiarato
non più tardi dell'8 luglio 2016, che la situazione "resta fragile",
con:
- una minoranza di persone della comunità che sono ancora intenzionate a destabilizzare queste scuole;
- una mancanza di sostegno coordinato offerto alle scuole per istituire buone prassi;
- una cultura della paura in cui gli insegnanti si trovano ad operare che è latente ma non è scomparsa;
- un'intimidazione manifesta da parte di alcuni elementi della comunità locale;
- una concertata resistenza all'educazione personale, sociale e alla salute (PSHE) e alla promozione della parità.
La Casey inoltre rileva altre due problemi esistenti soltanto a
Birmingham, che fanno luce sulla popolazione musulmana della città. A
Birmingham la stragrande maggioranza delle donne musulmane non conosce
l'inglese (p.96) ed è presente il maggior numero di moschee (161) del
Regno Unito (p. 125).
Da anni il governo britannico blandisce la popolazione musulmana. Il
governo era chiaramente convinto che i musulmani si sarebbero integrati,
assimilati e sarebbero diventati pienamente britannici, come avevano
fatto i primi immigrati. Più di un sondaggio ha tuttavia mostrato che le
generazioni più giovani sono ancor più fondamentaliste dei loro
genitori e dei nonni, che sono arrivati direttamente dai paesi
musulmani. Le generazioni più giovani sono nate in Gran Bretagna, ma
all'epoca in cui l'Islam estremista sta crescendo a livello
internazionale, in particolare nei paesi con cui le famiglie musulmane
britanniche hanno stretti legami. Non solo, ma un gran numero di
predicatori fondamentalisti continua a passare per le enclave musulmane
inglesi. Questi predicatori tengono liberamente sermoni nelle moschee e
nei centri islamici rivolti alle organizzazioni giovanili, nei collage e
nei campi universitari.
Infine, vale la pena notare che Khalid Masood, un convertito
all'Islam che ha ucciso quattro persone, ferendone molte altre, durante
l'attacco sferrato a marzo davanti al Parlamento britannico, aveva vissuto a Birmingham prima di recarsi a Londra per fare il jihad.
È giunto il momento di pensare seriamente ai modi in cui la moderna
tolleranza britannica dell'intolleranza e il consenso per un gradito
multiculturalismo pacifista hanno favorito questa regressione.
Birmingham è probabilmente il posto dove iniziare.
Denis MacEoin è Distinguished Senior Fellow presso il
Gatestone Institute. Ha appena finito di scrivere un libro sui motivi di
preoccupazione riguardo all'Islam nel Regno Unito.
In particolare la cosa che mi ha colpito più seriamente è stato il trattamento riservato dalla polizia a Frank Vanhecke, sembrava il peggiore dei criminali: malmenato buttato a terra, preso al collo...
In quel momento mi sono chiesto che razza di Paese sia il Belgio se i cittadini non sono liberi di manifestare pacificamente (non stavano turbando l'ordine pubblico) le proprie idee.
Voi mi direte: beh, anche in Italia si parla di manifestazioni autorizzate e non autorizzate.
E' vero, tuttavia la è improprio nel nostro ordinamento parlare di autorizzazione.
1. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
2. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
3. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
Che significa? Significa che se un gruppo non abbia dato comunicazione alle forze dell'ordine di una manifestazione in luogo pubblico, ciò non importerebbe automaticamente l'illegittimità della manifestazione e, quindi, le forze dell'ordine non potrebbero disperderne i partecipanti. Perchè, infatti, possano intervenire con provvedimenti repressivi si rende necessaria una turbativa dell'ordine pubblico, concretantesi in atti che contravvengano alle due condizioni poste dall'art. 17, ovvero che la riunione sia fatta "pacificamente e senz'armi".
1. I Belgi hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senza armi, nel rispetto delle leggi che regolano l'esercizio di tale diritto, senza peraltro assoggettarlo ad un'autorizzazione preventiva.
2. Tale disposizione non si applica alle riunioni all'aperto, che rimangono interamente assoggettate alle leggi di polizia.
Vi renderete conto che è una gravissima lacuna del testo costituzionale demandare la regolazione di una libertà fondamentale ad altra fonte. Ma tant'è.
Qui l'articolo originale
Qui un altro alrticolo sullo stesso episodio