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giovedì 22 giugno 2017

L'ISLAM ALLA CONQUISTA DELL'EUROPA: IL CASO DI TENSTA (STOCCOLMA - SVEZIA)

(Con la benedizione del governo, dei sedicenti liberali, dei progressisti e dei movimenti LGTB e femministi)

Picchetti dei "Guardiani delle Virtù" per impedire spettacoli
"amorali" a Tensta (municipalità di Stoccolma)
(titoli, foto, video e didascalie a cura  del CSA - Centro Studi Antislamici)

In Svezia, come in molti altri sobborghi in tutta Europa, la repressione da cui molti rifugiati stavano fuggendo, sembra invece rincorrerli.

  
Nalin Pekgul, emigrata turca in Svezia,
ex parlamentare Social-democratica.


Nalin Pekgul, che si definisce musulmana praticante e che ha lavorato come politica nel Partito socialdemocratico, ha affermato che nelle aree abitate da immigrati, come il sobborgo di Tensta di Stoccolma, dove lei vive, la "Polizia della morale" si riunisce fuori dalle sale riunioni per impedire ai giovani di entrare se cercano di organizzare feste con musica. Le organizzazioni islamiche svedesi, spiega Pekgul, hanno rafforzato la loro posizione grazie al sostegno da parte dell'Arabia Saudita, delle agenzie governative, dei media e dei partiti politici svedesi e così via.

Secondo Pekgul, in Svezia ci sono molti musulmani che sono diventati fondamentalisti.  Per aver richiamato l'attenzione del pubblico su questi cambiamenti, Pekgul è stata chiamata "islamofoba". Quando, in segno di  protesta contro i musulmani estremisti, cominciò a indossare delle gonne corte a Tensta, fu molestata.

  
Zeliha Dagli, membro del Partito di sinistra svedese
Un altra musulmana, Zeliha Dagli, che è venuta in Svezia dalla Turchia nel 1985 ed è stata una rappresentante eletta del Partito di sinistra in Svezia, ha combattuto per i diritti delle donne nei quartieri immigrati di Stoccolma per 25 anni. Nel 2015 ha scritto :

“Molto tempo fa sono fuggita dalla mia ex patria, a causa del terrore causato dagli imam nella mia infanzia. Alcuni di loro controllavano le ragazze del villaggio. Le ragazze più grandi non erano autorizzate a passare attraverso la piazza del villaggio, ma dovevano sgattaiolare, fare delle deviazioni e rendersi "invisibili".

  
Incedi e devastazioni al grido di "Allahu Akbar"
nei sobborghi di Stoccolma (video)
“Queste ombre mi hanno perseguitato e in Svezia ho cercato di ottenere pace e tranquillità, ma nella città di Uppsala, dove mi sono stabilita, la mia vita continuava ad essere controllata dai miei connazionali quindi sono di nuovo fuggita da questi fantasmi a Stoccolma ... Anche lì sono stata perseguitata da questi spettri e ora vivo a Husby, ma anche qui vedo tutte le “ombre” che potete immaginare e non ho il diritto a una vita aperta e indipendente: sono costantemente sorvegliata...

Voglio un rifugio e voglio bere un bicchiere di birra con i miei amici, Lars, Hassan, Maria, Osman .... Voglio anche andare all'associazione degli anziani, ascoltare jazz e ballare. Voglio coltivare le verdure nel mio appezzamento indossando i pantaloncini corti, uscire con i miei amici e andare in spiaggia in bikini...

   
Sobborghi di Stoccolma in fiamme
(clicca qui per vedere altre foto)
Nel mio quartiere vorrei sfuggire dallo sguardo fisso e dalla disapprovazione degli uomini, voglio portare a casa mia chiunque voglio, ma oggi non posso perché i miei diritti sono limitati e controllati nel mio quartiere. Tutte queste “ombre” barbute mi spaventano.”

A causa delle sue denunce anche Dagli è stata molestata. Quest'anno, è stata costretta a trasferirsi dalla periferia degli immigrati di Stoccolma: "Ora mi sono trasferita dal mio amato borgo di Husby. Mi manca molto, ma mi sono stancata di dare costantemente spiegazioni su cose completamente evidenti e che riguardano la mia privacy e di essere messa in discussione ed essere chiamata puttana perché non uso un velo, nonostante sia una musulmana".

  
La moschea di Tensta - Stoccolma (video)
Queste donne non sono degli intellettuali di destra che criticano l'Islam.  Sono invece donne musulmane a cui vengono negati i diritti fondamentali in Svezia in quanto donne e abitano in comunità in cui sono state create strutture parallele sociali islamiche.

Tali strutture sociali islamiche parallele influenzano anche la comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender, ndr). A Tensta, i politici locali hanno deciso che la bandiera del Gay Pride venga sollevata nel centro città ogni anno in agosto, quando si svolge la settimana del Gay Pride. Quando la bandiera è stata sollevata a Tensta l'anno scorso è stata strappata dopo poche ore e sia la bandiera che il pennone sono stati rubati. Uno dei politici locali che ha presentato la proposta di issare la bandiera ha dichiarato: "Ci sono credenze culturali e certamente religiose che pensano che la LGBT non dovrebbe esistere negli spazi pubblici".

  
Anche il museo di Tensta è denso di presenze islamiche
Rissne è un distretto nel comune di Sundbyberg, a nord della capitale Stoccolma. La maggior parte degli abitanti di Rissne sono immigrati o nati da genitori immigrati. Quando una panchina nel centro di Rissne è stata dipinta con i colori della bandiera arcobaleno, è stata bruciata e un messaggio è stato scribacchiato sul muro: "[L'orgoglio Gay] non è per Rissne". Poiché non c'erano testimoni, la polizia ha scelto di non indagare sull'incidente .

Che l'omosessualità crea disordini in alcune aree immigrate non è un segreto. Proprio questa situazione, tuttavia, ha portato un'attivista Jan Sjunesson nel 2015 a mettere in scena Gay Pride Järva (Järva è un quartiere di Stoccolma), una sfilata di Gay Pride per la periferia degli immigrati di Stoccolma. 

 
Centro commerciale di Tensta. La popolazione
immigrata sfiora il 70 %
Mentre molti sembravano considerare la sfilata di Sjunesson come una provocazione, Sjunesson crede di lottare per i diritti delle persone LGBT. Nessuno sa come alcuni musulmani in queste aree di immigranti reagiranno. La sfilata genera un sacco di nervosismo nei media svedesi ogni anno a causa di reazioni ostili dalla popolazione locale musulmana.

In aprile, i media svedesi hanno riferito come la “Charter shool” islamica di Al-Azhar a Stoccolma separa ragazzi e ragazze sul bus scolastico. Le ragazze entrano attraverso la porta sul retro, mentre i ragazzi entrano attraverso la porta davanti. La storia dei diritti civili statunitensi non è probabilmente menzionata nella classe di storia di Al-Azhar.

Manifestazione di islamici a Tensta. In alcune scuole
i bambini immigrati sono il 100% 
E’ impossibile adesso affermare che la Svezia sia un paese ultra-liberale, mentre in realtà in Svezia esistono aree in cui le donne con gonne corte e cittadini LGBT sono molestati a causa dei loro vestiti e dell'orientamento sessuale. L'intolleranza è diventata semplicemente parte della Svezia multiculturale di oggi.

La lezione da imparare da questi contrasti è quella di non farsi ingannare dai politici svedesi che cercano di ritrarre la Svezia come un paradiso liberale e tollerante. L'esperienza dei sobborghi degli immigrati delle città svedesi dimostra che gran parte della popolazione svedese non fa parte della Svezia femminista e liberale. I (musulmani, ndr) liberali sono perseguitati dagli islamisti ogni giorno perché nelle loro comunità c'è una mancanza di tolleranza.

Il problema è che coloro che governano la Svezia non provengono da questi sobborghi, non ne hanno alcuna conoscenza approfondita e non hanno chiaramente interesse a questi sobborghi degli immigrati dove le persone non possono vivere come cittadini liberi. 

Interno della moschea di Tensta - Stoccolma (video)
Il movimento LGBT e il movimento femminista preferiscono far tacere coloro che protestano contro l'oppressione islamica nei sobborghi degli immigrati svedesi. Preferiscono farli tacere al punto che anche i musulmani (dissidenti, ndr) sono ritratti come "islamofobi".

Purtroppo gli immigrati dei sobborghi vivranno sotto questa peste islamica finché gli islamici non cresceranno così tanto da diventare una minaccia ai valori liberali delle élite. 

Quando gli islamisti inizieranno a disturbare le élite liberali e la loro sfera culturale, i liberali in Svezia li considereranno un problema. Ironia della sorte, per queste élite liberali, che non molto tempo fa volevano salvare il mondo attraverso una politica liberale dei rifugiati, la loro motivazione primaria sembra semplicemente essere l’interesse personale.

Nima Gholam Ali Pour - 7 giugno 2017

Nima Gholam Ali Pour è membro del consiglio di istruzione della città svedese di Malmö ed è impegnato in diversi gruppi di esperti in Svezia interessati al Medio Oriente. È anche redattore del sito social-conservatore “Situation Malmö”, ed è autore del libro svedese "Därför är mångkultur förtryck" ("Perché il multiculturalismo è oppressione"). 

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Articolo originale in inglese:
https://www.gatestoneinstitute.org/10452/sweden-multicultural-apartheid
Video, foto, didascalie e titoli a cura del Centro Studi Antislamici (CSA)

venerdì 16 giugno 2017

LE POLITICHE SUICIDE E IMMIGRAZIONISTE DI VERDI E SOCIALDEMOCRATICI IN SVEZIA

Il fallimento del progetto multiculturale portato avanti in Svezia negli ultimi decenni dai vari partiti di sinistra (Socialdemocratici e Verdi) che si sono succeduti al governo sta emergendo in modo sempre più evidente. A certificarlo è stato l’attentato di Stoccolma dello scorso 7 aprile, compiuto da un uomo che ha prima rubato un camion e lo ha poi lanciato contro la folla lungo Drottninggatan, la principale strada pedonale della capitale svedese, uccidendo quattro persone e ferendone altre quindici. 

L’attentatore si chiama Rakhmat Akilov, trentanovenne di origine uzbeka. Da tempo inneggiava allo Stato Islamico sui social network. Era ricercato dalla polizia svedese perché doveva essere espulso dal paese essendo stata respinta la sua richiesta di soggiorno. Interrogato nel carcere di Kronoberg, Akilov ha dichiarato di aver compiuto l’attentato per «vendicare i bombardamenti contro ISIS» e di aver ricevuto l’ordine di attaccare direttamente da jihadisti operativi in Siria.
STOCCOLMA ATTENTATO
(Stoccolma, il luogo dell’attentato del 7 aprile 2017) 

L’appello al martirio di Al Adnani
La metodologia d’attacco usata da Akilov è quella “classica” più volte invocata dai vari esponenti dell’islamismo radicale, non solo appartenenti allo Stato Islamico. Abu Mohammad Al Adnani, portavoce dell’ISIS, prima di essere ucciso da un drone degli Stati Uniti nell’agosto del 2016 si rivolse agli islamisti di tutto il mondo con questo messaggio: «Se puoi uccidere un miscredente americano o europeo – specialmente un malvagio e sozzo francese – o un australiano, o un canadese, oppure ogni altro miscredente che fa la guerra, inclusi i cittadini dei paesi che sono entrati in una coalizione contro lo Stato Islamico, fai affidamento ad Allah e uccidilo in ogni modo o maniera possano esserci. Schiaccia la sua testa con una pietra, o sgozzalo con un coltello, o investilo con la tua vettura, o precipitalo da un luogo elevato, o soffocalo, o avvelenalo».
Abu-Mohammed-al-Adnani
(Abu Mohammad Al Adnani, portavoce di ISIS ucciso da un drone USA nell’agosto del 2016) 
Al monito di Al Adnani, e a quelli pronunciati dopo di lui dal nuovo portavoce del Califfato Abu Hassan Al Muhajir («voi siete falliti e i segni della vostra rovina sono evidenti a tutti, non c’è dubbio che siate guidati da un idiota (Trump, ndr) che non sa che cosa la Siria o l’Iraq o l’Islam siano»), hanno risposto in molti compiendo atti di forza in tutto il mondo.

Svezia, tra no-go areas e Sharia Zone

La questione dell’estremismo islamico in Svezia ribolle da tempo benché se ne parli poco. Il paese scandinavo accoglie ogni anno più di 200.000 nuovi immigrati provenienti in maggioranza dai Balcani, da Iraq, Siria, Giordania e Palestina. Il risultato di queste politiche è che la Svezia autentica, quella descritta magistralmente dallo scrittore svedese Henning Mankell nei gialli che hanno per protagonista il commissario Kurt Wallander, non esiste praticamente più.
I gravissimi problemi di sicurezza interessano molte città del paese, con Stoccolma e Malmö a contendersi il triste primato della situazione peggiore. Oggi in Svezia si contano 55 aree urbane dette “no-go areas”, di fatto repliche delle tristemente note “ZUS” francesi (Zone urbaine sensible), dove persino le ambulanze, i pompieri e i gli addetti alla consegna della posta possono accedere solo se scortati dalla polizia che viene accolta sempre con lancio di pietre e biglie di ferro e, non di rado, con colpi di armi da fuoco.
Di queste vere e proprie “enclave islamiche” parla il rapporto di sicurezza nazionale svedese del 2014 (“En nationell översikt av kriminella nätverk med stor påverkan i lokalsamhället”). Un insieme di mappe e dati che fotografano un paese in dissolvimento.
Rinkeby_Stockholm
(Auto date alle fiamme nel sobborgo di Rinkeby, febbraio 2017)
In Svezia più del 15% della popolazione totale (circa 10 milioni) è di origine straniera e quasi due milioni di persone vivono in quartieri come Rinkeby alla periferia di Stoccolma, abitato da 16mila persone di 60 etnie differenti e dove si parlano più di 40 lingue. Da queste parti gli svedesi sono sempre di meno: uno ogni venti abitanti, soppiantati da somali, iracheni, siriani, etiopi, turchi, bosniaci, romeni, bengalesi e anche sudamericani. Nelle 30 pagine del rapporto viene evidenziato l’aumento esponenziale del tasso di criminalità e si spiega come le organizzazioni criminali da anni abbiano in dotazione un quantitativo sempre maggiore di armi automatiche.
La disoccupazione e l’emarginazione di giovani donne e uomini, spesso privi di una formazione professionale e che spesso non parlano nemmeno lo svedese, sono il contesto ideale per i predicatori dell’estremismo islamico radicale. Le “Sharia Zone” si estendono così a vista d’occhio, con le ronde islamiche organizzate da uomini barbuti con pantaloni all’afgana che fermano e minacciano le donne non velate, mentre nelle scuole islamiche maschi e femmine sono costretti a frequentare classi e ambienti separati.

I terroristi di ritorno

La Svezia ha una lunga tradizione jihadista che risale ai primi anni Novanta, quando migliaia di islamisti di origine somala, irachena e balcanica in fuga dalle guerre vennero accolti come rifugiati. In centinaia abbracciarono l’Islam salafita e molti tornarono a combattere nei loro Paesi d’origine: in Iraq al servizio di Al Qaeda; in Somalia nelle file dei qaedisti di Al Shabaab.
Prima dell’attentato del 7 aprile, l’ultimo attacco eclatante in Svezia era datato 11 dicembre 2010, giorno in cui un rifugiato iracheno – laureato e che all’epoca godeva del generoso welfare state svedese – si fece esplodere a bordo di un camion pieno di bombole di gas. Fortunatamente l’attentatore commise un errore nella preparazione degli esplosivi e alla fine a perdere la vita fu solo lui. Adesso tutti si interrogano su quanti dei 300 jihadisti partiti per combattere in Siria e Iraq, abbiano fatto rientro in Svezia. Si parla di circa un centinaio di terroristi di ritorno. Il rischio che tra uno di questi ci sia un nuovo attentatore pronto a entrare in azione è altissimo.
(titolo a cura del CSA - Centro Studi Antislamici)

martedì 30 maggio 2017

SINDACO SOCIALISTA BRUXELLES FA ARRESTARE DEPUTATI EUROPEI CHE MANIFESTANO CONTRO L'ISLAM

(titolo, foto e didascalie a cura del Centro Studi Antislamici)

Da oggi sappiamo che il Belgio è terra off limits per chi vuole dimostrare contro la strisciante islamizzazione d'Europa. Magari si potrà sfilare per l'orgoglio pedofilo, di certo non l'11 settembre per scandire gli slogan che furono coniati da Oriana Fallaci e prima di lei da Bat Yeor.

L'ex nazi-sindaco socialista di Bruxelles Freddy Thielemans che
invece di far arrestare gli islamici violenti fece manganellare e
incarcerare chi manifestava contro l'islamizzazione dell'Europa
La manifestazione organizzata per protestare contro la shar'ia in Europa è andata come era largamente prevedibile: il sindaco di Bruxelles Freddy Thielemans invece che proteggere i manifestanti contro il terrorismo islamico e l'islamizzazione dell'Europa dai facinorosi di Allah ha preferito farli arrestare tutti in blocco, compreso l'europarlamentare Mario Borghezio della Lega Nord.

E questo per evitare di avere problemi con i rappresentanti più che fanatici della propria comunità musulmana locale. Unico loro reato, nel giorno dell'11 settembre 2007, sesto anniversario della strage organizzata da Bin Laden alle Torri gemelle, quello di avere esposto cartelli con su scritto "No Eurabia".

L'eurodeputato Frank Vanhecke picchiato, buttato a terra
 e preso al collo dalla nazi-polizia belga
Tra i fermati oltre all'eurodeputato leghista Mario Borghezio, figurano anche il presidente dell'ultra destra fiamminga 'Vlaams Belang', Frank Vanhecke, e il capofila al Parlamento fiamminga dello stesso partito, Filip Dewinter. 

La manifestazione era stata organizzata dalla sigla "Stop the islamization in Europe" (Sioe), con un appello, lanciato dall'associazione di origine danese, subito raccolto da molti altri gruppi politici e associazioni  non islamically correct di europarlamentari come l'inglese Gerard Batten (Uk indipendence party) o la Lega Nord in Italia, ma anche il gruppo fiammingo di estrema destra Voorpost.

L'eurodeputato Mario Borghezio picchiato, arrestato e
tenuto in cella per diverse ore dalla polizia belga
Ed è proprio tra le file di questo gruppo di militanti della destra fiamminga che sono cominciati stamani i fermi della polizia. Insomma ancora una volta nel cuore dell'Europa c'è stato un capovolgimento valoriale tale da far sì che i cittadini del Belgio abbiano scelto di stare dalla parte degli assassini di Theo van Gogh piuttosto che da quella di chi scandiva gli stessi slogan presenti nei libri di Oriana Fallaci.

Nei giorni scorsi c'erano state pesanti avvisaglie che sarebbe potuto accadere proprio ciò che è accaduto e infatti alcune associazioni di cittadini avevano preferito rinunciare all'appuntamento per paura di venire coinvolte in scontri di piazza.

Ma mai e poi mai l'europarlamentare della Lega Nord Borghezio poteva immaginarsi di venire trattato come un delinquente solo perchè aveva osato manifestare, sia pure contro la volontà del sindaco di Bruxelles. Che sui siti degli organizzatori dell'evento è stato non a caso ribattezzato "il Gran muftì del Belgio".

Scopo della manifestazione era quello di  presentare una petizione al Parlamento europeo contro le leggi europee possibiliste sulla Shar'ia (ci sono state applicazioni ambigue in Germania, Danimarca e anche in Italia del diritto civile in materia di poligamia e di quello penale in materia di percosse a mogli e figli) e anche per permettere, in futuro, che simili manifestazioni abbiano luogo sul territorio europeo. La manifestazione, infatti, era stata dichiarata preventivamente  illegale dalle autorità amministative di Bruxelles. 

"Le leggi dell'Ue ci danno la libertà di parola - ha però ieri affermato Stephen Gash, fondatore di Sioe in Inghilterra - noi vogliamo solo manifestare pacificamente, davanti all'europarlamento, il nostro pensiero". 

Borghezio raggiunto al telefonino dalle agenzie mentre era in cella di isolamento nel tribuinale di Bruxelles ha affermato che "la polizia è andata giù pesante sia con me sia con gli eurodeputati fiamminghi e francesi che sono stati fermati insieme a me anche dentro il bus su cui ci hanno caricato".

Il prossimo appuntamento l'associazione contro l'islamizzazione d'Europa lo ha già fissato a Marsiglia, a data da destinarsi, per tornare a protestare contro la shar'ia e il diffondersi violento dell'islam in Europa. 

di Dimitri Buffa | 11 Settembre 2007 (L'Occidenatale)


Anche io sono rimasto profondamente indignato quando ho visto le immagini della repressione della manifestazione in TV.
In particolare la cosa che mi ha colpito più seriamente è stato il trattamento riservato dalla polizia a Frank Vanhecke, sembrava il peggiore dei criminali: malmenato buttato a terra, preso al collo...
In quel momento mi sono chiesto che razza di Paese sia il Belgio se i cittadini non sono liberi di manifestare pacificamente (non stavano turbando l'ordine pubblico) le proprie idee.
Un altro problema che mi sono posto, in qualità di cultore del Diritto costituzionale, è stato: ma che ordinamento è mai quello belga in cui si deve chiedere un'autorizzazione per svolgere una manifestazione?
Voi mi direte: beh, anche in Italia si parla di manifestazioni autorizzate e non autorizzate.
E' vero, tuttavia la è improprio nel nostro ordinamento parlare di autorizzazione.
L'art. 17 della nostra Costituzione dispone che:
1. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
2. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
3. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
Come visto l'articolo parla di preavviso e non di autorizzazione. Ciò significa, secondo un'interpretazione consolidata, che il preavviso di una manifestazione in luogo pubblico non costituisce condizione di legittimità della stessa, bensì mera condizione di regolarità.
Che significa? Significa che se un gruppo non abbia dato comunicazione alle forze dell'ordine di una manifestazione in luogo pubblico, ciò non importerebbe automaticamente l'illegittimità della manifestazione e, quindi, le forze dell'ordine non potrebbero disperderne i partecipanti. Perchè, infatti, possano intervenire con provvedimenti repressivi si rende necessaria una turbativa dell'ordine pubblico, concretantesi in atti che contravvengano alle due condizioni poste dall'art. 17, ovvero che la riunione sia fatta "pacificamente e senz'armi".
E' ovvio che, per chi ha coscienza dello statuto riservato alla libertà di riunione nel nostro Paese, il trattamento riservato a quei manifestanti appare strano.
A tal punto mi sono chiesto: ma la libertà di riunione come è regolata nella Costituzione belga?
L'Art. 26 della Cost. belga (tratto da Costituzioni straniere contemporanee, a cura di Paolo Biscaretti di Ruffìa, Milano, Giuffrè Editore, 1996) dispone:
1. I Belgi hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senza armi, nel rispetto delle leggi che regolano l'esercizio di tale diritto, senza peraltro assoggettarlo ad un'autorizzazione preventiva.
2. Tale disposizione non si applica alle riunioni all'aperto, che rimangono interamente assoggettate alle leggi di polizia.
E' evidente come il II comma di questo articolo svuoti di senso la tutela costituzionale della libertà di riunione, demandando alla legge ordinaria la regolamentazione della fattispecie.
Vi renderete conto che è una gravissima lacuna del testo costituzionale demandare la regolazione di una libertà fondamentale ad altra fonte. Ma tant'è.
Questo, signori, è un esempio della tanto invocata "Europa dei diritti", evocata da quanti vogliono che la Costituzione eurolea contenga un catalogo di diritti che assorba quelli presenti nelle Costituzioni nazionali. Ma già da questo signolo caso ci rendiamo conto che le posizioni di partenza sono assai distanti e che i patrimoni giuridici dei diversi Paesi difficilmente riusciranno a collimare.
Il caso di specie è una comparazione fra Beglio e Italia...ma immaginate cosa avverrebbe comparando gli ordinamenti di tutti gli altri Stati membri o aspiranti tali.
Una Torre di Babele? Avete indovinato!

Qui l'articolo originale
Qui un altro alrticolo sullo stesso episodio

venerdì 28 aprile 2017

LE ANIME BELLE DELLA SOLIDARIETA’ TRA AFFARI, MIGRANTI E ONG

«L'immigrazione verso l'Europa ha numeri insostenibili. Chi entra, chiunque sia, deve avere un visto, documenti regolari, un'identità certa. I clandestini, come persone che vivono in un Paese illegalmente, devono essere espulsi. E chi rimane non può avere diritto di voto, altrimenti i musulmani fondano un partito politico e con i loro tassi di natalità micidiali fra 30 anni hanno la maggioranza assoluta. E noi ci troviamo a vivere sotto la legge di Allah... 
Ogni emergenza ha diversi stadi di crisi. Ora siamo all'ultimo, lo stadio della guerra... Nello stadio di guerra non si rispettano le acque territoriali. Si mandano gli aerei verso le coste libiche e si affondano i barconi prima che partano. Ovviamente senza la gente sopra. È l'unico deterrente all'assalto all'Europa » (Giovanni Sartori) 
L’industria della “solidarietà” - dalla Caritas a Emergency, da Medici Senza Frontiere a Save the Children, dall'Unicef fino a Moas - va a gonfie vele, con tanto di miliardari speculatori come Gerorge Soros, ex-ufficiali maltesi come Ian Ruggier, produttori di coltelli da guerra come Robert Pelton, stravaganti ricchi coniugi maltesi come Cristopher e Regina Catambrone e principesse reali come Anna Mountbatten-Windsor.
Che a difendere questi filantropi di se stessi ci siano casi umani come la Boldrini, ministri dal portamento mussoliniano come Minniti, scherzi della natura politica come Orlando, ex Craxi-Berlusconiani come Mentana e giornali della Provvidenza come l’Avvenire, ci dice subito da che parte stare, sicuramente non dalla parte di questi “utili idioti” dell’egemonia islamica.

Una fila di barche piene di migranti forzati che si perde a vista d’occhio nei pressi delle coste libiche in attesa di essere traghettati in Italia da navi di ONG italiane, francesi, tedesche e spagnole, una vera è propria internazionale dell’immigrazione pervasiva.

Solo le “anime belle” (come Saviano e il prete mancato Erri De Luca) o gli imbecilli o i malfattori, possono negare che in Europa sia in atto una invasione "incruenta", subdolamente orchestrata dalle nazioni arabe e musulmane e finalizzata al dominio etnico-religioso che, nel giro di pochi decenni, porterà l’Europa a diventare un continente retto dalla sharia invece che dai principi dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese. 

UAACS - Unione per l'Ateismo Antireligioso ed il Comunismo Sovietico

mercoledì 9 marzo 2016

ALLA CASA DELLE DONNE DI JESI VOLANTINI DI PROSELITISMO ISLAMICO, APOLOGIA DELLA POLIGAMIA E INGANNEVOLE PROPAGANDA SUI “DIRITTI” DELLE DONNE NELL’ISLAM

La LEDA denuncia la presenza all’interno della Casa delle Donne di Jesi (dove si trova anche la sede dell'UDI) di un volantino di proselitismo islamico, infarcito di citazioni ed esaltazione del Corano, di Maometto, di Allah e dell’Islam come la religione più pacifica e rispettosa dei diritti umani (sic!), con tanto di apologia della poligamia e soprattutto di una sfrontata e ingannevole propaganda sui “diritti” delle donne nell’Islam, che ha il solo scopo di nascondere la sottomissione e la violenza fisica a cui invece sono sistematicamente sottoposte le donne, con tanto di legittimazione coranica ("Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele", Corano 4:34).

In questo modo, per un malinteso e perverso concetto di multiculturalismo, si espongono le donne che si recano in questa struttura al grave pericolo di affidarsi un giorno a qualcuno che potrebbe diventare il proprio aguzzino.

Il volantino faceva belle mostra di sé all'ingresso, sopra un tavolino insieme ad altro materiale di "informazione" sulle problematiche delle donne, a disposizione di tutti. Il fatto ancora più grave è che in questa struttura si trova anche la sede dell'UDI (Unione Donne in Italia).

Ci risulta che il lavoro viene svolto da volontari, ma ci chiediamo da chi sia gestita veramente questa struttura e con quale garanzie, vista l’assoluta mancanza di trasparenza: è impossibile trovare nel sito ufficiale e nella pagina Facebook il nome di una responsabile o referente dell’associazione e all’esterno della sede non viene indicato un orario di apertura al pubblico. Oltretutto questo Centro probabilmente usufruisce gratuitamente dei locali di proprietà del comune e presumiamo anche di fondi per coprire le spese vive (soldi di noi cittadini), ma in ogni caso riteniamo inammissibile, oltre che contrario alla propria funzione, la presenza di materiale di proselitismo religioso di qualsiasi tipo e tanto più materiale di propaganda ingannevole che vuole occultare quella realtà di violenza contro la quale “La Casa delle donne” (e l'UDI) sostiene di combattere.

Qui i le immagini del volantino, alcune pagine del sito e un video con la "corretta" applicazione dei versetti coranici:

LEDA - LEga per la Depenalizzazione dell’Aborto